Cristiano
Ora so perché mi chiamo Cristiano.
Responsabile del Laboratorio di produzione di ostie nel carcere di Opera fino a luglio 2020, quando ottiene l'art. 21 e viene assunto come cuoco dalla Fondazione Arché. A novembre 2020, quando nasce il "laboratorio eucaristico" a Milano, in una struttura confiscata alla mafia, insegna a produrre le ostie ad alcune donne accolte presso la comunità mamma-bambino di Fondazione Archè. È così che Cristiano sta realizzando il suo progetto di vita e di dignità.
«Ciò che mi ha portato e che mi ha fatto apprendere il percorso intrapreso nel laboratorio delle ostie - racconta Cristiano - è di sicuro qualcosa di bello e di positivo. Tutto cominciò con l’ interpretazione di un mio sogno, cioè, dalla mia richiesta d’aiuto fatta a Dio, il quale mi ha risposto ed esaudito. Ho imparato tante cose: che il perdono è per tutti, che l’amore di Dio è immenso, che se si vuole ottenere un qualcosa e si chiede con il cuore, questa poi arriva. Così come dice il Vangelo: “Chiedi e ti sarà dato”. Poi, da questa esperienza ho appreso come sia bella la vita, come sia bello fare delle opere di bene, aiutare il prossimo, aprirsi alle persone, testimoniare la propria esperienza…L’intervento di Dio nella mia vita ha cambiato la mia esistenza, ha convertito la mia strada: mi ha fatto vedere le cose non più con l’occhio malizioso, cercare di tirar fuori il meglio da ogni cosa e non essere sempre alla ricerca della negatività in ogni cosa. Ho imparato a pregare per le altre persone perché la preghiera è per gli altri e non personale, così per te ci penseranno gli altri. Se vuoi puoi chiedere e ricordare a Dio un tuo desiderio e, se sarà puro, lui te lo esaudirà. Ho capito il significato del mio nome e il peso che ha. Prima pensavo che avevo un nome di nessuno “Cristiano” perché al sud si usa mettere i nomi dei parenti e dei santi, ma io fui chiamato Cristiano e nessuno della mia famiglia si chiama così! Ora ho capito il perché mi chiamo così e cosa vuol dire “Cristiano”. Noi siamo quello che facciamo e che pensiamo, quindi, se nella nostra mente e nel nostro cuore c’è del male, automaticamente riceveremo e faremo del male. Ma se mettiamo il bene in ogni cosa, ci ritornerà. Bisogna essere forti e chiedere la forza per andare avanti, perché la strada è faticosa. Niente si ottiene senza fatica: così è la strada per il Paradiso. Quando si è sulla strada giusta, sembra che tutto ti giri male, ma niente paura, è il diavolo che vuole farti deviare: ti farà vedere che le persone negative ottengono sempre tutto, la fortuna e la sfortuna non esistono. Questa è una prova, l’esempio ce lo mostra la Bibbia con Giobbe, la sfida fra il bene e il male. Si perde tutto ma alla fine si otterrà tutto moltiplicato. Almeno questo è quello che io ho capito. Ed ho capito che l’uomo dovrebbe ritornare ad amarsi di più, perché l’indifferenza e la non fratellanza non fa bene a nessuno, anzi ci porta solo alla distruzione. Il perdono è importante, si deve sempre perdonare prima di pretendere il perdono. L’esempio ce lo dà Gesù: chi più di lui ha subito ingiustizie e del male? Noi invece non perdoniamo neppure le piccolezze, come farà Dio a perdonarci? Quindi non fare all’altro quello che non vuoi che facciano a te. Ama e perdona. Un grazie grande va ad Arnoldo Mosca Mondadori e a tutte le persone che hanno creduto nel progetto e in me. Grazie.»
Mattia
Anche se sono in carcere, ho trovato la pace in un “lavoro” diverso da tutti gli altri.
«Sono Mattia e lavoro in questo laboratorio da tre anni, insieme a Vincenzo e a Cristiano. Cosa significa per me questo lavoro? Prima di tutto questo lavoro non è come tutti gli altri: chi lavora qui dentro è consapevole che si tratta di un “mestiere” che ha a che fare con persone e obiettivi sociali, in particolare l’accrescere della fede in Gesù Cristo, nostro Signore. Confesso che i miei rapporti con la fede non sono sempre stati idilliaci, nonostante abbia fatto comunione e cresima in giovane età. Ogni volta che la vita mi recava dei torti ingiusti, ero abituato a dare la colpa a Dio: “perché mi fai questo? Cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?”. Ma poi sono tornato sui miei passi, merito soprattutto di un prete – lo stesso che mi fece la seconda comunione - che continuava a ricordarmi “Ciò che ti succede è necessario per farti crescere. Gesù ci mette continuamente alla prova, e questa è la tua!”. Abbandonai la religione quando la mia vita giunse nel suo momento più oscuro: la detenzione in carcere. Per anni disprezzai la religione e chiunque la profetizzava. Pregai ma non ebbi risposte e ciò accrebbe ulteriormente la mia crisi spirituale. Ero solo, mi sentivo abbandonato, incapace di godere della Sua luce. E invece, con mia grande sorpresa, una risposta giunse e la mia vita ricominciò a illuminarsi, il cammino era finalmente visibile: trovai opportunità per rimettermi in gioco, scoprii l’amore puro per una ragazza – proprio qui in un luogo pieno di dolore - . Era la strada giusta?
“Dio dammi un segno che sto facendo la cosa giusta!”. E arrivò il laboratorio delle ostie.
Che aria che si respira! che pace! E dire che siamo sempre all’interno del carcere. Ripeto: non è un lavoro come gli altri, facciamo parte di un disegno molto più grande, siamo emissari del Suo messaggio, siamo le Sue mani terrene e la Sua parola. Come può, quindi, questo lavoro non essere diverso da tutti gli altri?
E “lavoro” è la parola giusta?
So solo che qui sono libero, non più prigioniero del mio corpo; quando sono qui respiro un’aria diversa. La mia missione è quella di trasmettere l’amore di Dio attraverso le ostie qui prodotte, cercare quei ragazzi che come me si sentono soli e messi all’angolo - dove l’oscurità attende - per poter dire loro: “Dio non ti abbandona, siamo tutti dei puntini che formano il suo disegno”. E allora andiamo, alziamoci e diffondiamo la Sua parola»
Vincenzo
Dico solo una cosa: spero di fare del bene.
«Innanzitutto, voglio dire che questa del laboratorio di produzione di ostie è un’esperienza che mi porterò per tutta la vita perché per me è una missione.
Non mi sarei mai aspettato nella vita - che è sempre piena di sorprese - di fare delle ostie. Io sono un credente e spero di fare del bene.
Mi sento un miracolato perché, nonostante il mio passato, ho avuto l’onore di poter dar vita nel laboratorio a quello che durante la messa viene dato ai fedeli come il corpo di Cristo.
Oltre a sentirmi miracolato sono lusingato di questa opportunità che mi è stata data. Nella giornata in cui occupo il mio tempo nel laboratorio di ostie, mi sento libero come se potessi riscattare gli errori del mio passato, attraverso cui la gente mi vede e mi giudica ancora, facendo di me ciò che io non sono…
Da quando frequento il laboratorio la mia fede è aumentata a dismisura: me ne accorgo in tutte le mie azioni quotidiane, nel rapporto con gli altri, nel vedere in modo diverso coloro che una volta vedevo come i miei oppositori.
L’amore del Signore si manifesta a me con l’amore che mi danno tante persone: da questo ho compreso che l’amore di Dio si manifesta a noi tramite l’amore degli altri.»